Amministratore

Parti comuni

Assemblea

Spese e ripartizione


Amministratore
  Parti comuni  
- Nomina e revoca
- In genere e uso
- Attribuzioni
- Antenne
- Rappresentanza
- Ascensori
- Balconi
- Lastrici solari
- Portineria
- Riscaldamento
- Sottotetti
- Suolo cortili

 

AMMINISTRATORE


NOMINA E REVOCATorna su

La mancanza di provvedimenti della assemblea comporta la prorogatio dei poteri dell'amministratore
L'amministratore di un condominio, anche dopo la cessazione dalla carica per scadenza del termine di cui all'art. 1129 c. c., conserva ad interim i poteri conferitegli dalla legge, dall'assemblea o dal regolamento, e può continuare pertanto ad esercitarli, fino a che non sia sostituito con altro amministratore.(Cass. civ., 6 dicembre 1986, n. 7256)

La mancanza di nomina di un nuovo amministratore comporta la automatica prorogatio dei poteri
Qualora l'amministratore del condominio, dopo la scadenza del mandato annuale, non sia stato sostituito o espressamente confermato con nuova deliberazione dei condomini, si verifica la proroga automatica dei suoi poteri, senza che possa profilarsi la necessità di una sua apposita riconferma giudiziale, ai sensi dell'art. 1129 c. c.(Trib. Monza, 21 marzo 1989)

Nomina: occorre sempre la maggioranza qualificata
La disposizione dell'art. 1136 comma 4 c.c. la quale richiede per la deliberazione dell'assemblea del condominio di edifici riguardante la nomina o la revoca dell'amministratore la maggioranza qualificata di cui al comma 2 è applicabile anche per la deliberazione di conferma dell'amministratore dopo la scadenza del mandato. ( Cass. civ., sez. II, 4 maggio 1994, n. 4269, conforme Trib. Milano, 17 giugno 1991)

Revoca: irregolarità ravvisabile nella mancata apertura del conto condominiale
Non è legittimo il comportamento dell'amministratore che, facendo affluire i versamenti delle quote condominiali e dei fondi di riserva sul suo conto personale e non su un conto del condominio, generi una confusione del suo patrimonio con quello di un condominio o di più condominii e renda, peraltro, impossibile ogni controllo da parte dei condomini che hanno il diritto soggettivo di fruire di una corretta gestione dei beni e dei servizi comuni. Tale comportamento, indipendentemente dal consenso della maggioranza e pur trattandosi di un mandato collettivo, rappresenta una irregolarità gestionale di gravità tale da portare da sola alla revoca dell'amministratore.(Trib. Milano, 29 settembre 1993)

Revoca da parte dell'assemblea, non richiede giusta causa
La revoca dell'amministratore di un condominio, che può avvenire in qualsiasi tempo, non richiede la sussistenza di una giusta causa, in considerazione della natura fiduciaria del rapporto fra amministratore e condominio, con la conseguenza che a seguito dell'adozione della delibera di revoca l'amministratore è tenuto, tra l'altro, a restituire ogni cosa di pertinenza del condominio, senza che per l'inottemperanza a tale obbligo si debba fare ricorso al tribunale a norma dell'ultimo comma, art. 1105 c. c., potendosi legittimamente richiedere l'adozione di un provvedimento di urgenza a norma dell'art. 700 c. p. c.( Cass. civ. , sez. I, 28 ottobre 1991, n. 11472)



ATTRIBUZIONI Torna su

Anagrafe Condominiale
L'amministratore non ha l'obbligo di verificare i Registri Immobiliari allo scopo di accertare se vi siano nuovi condomini, i quali non gli abbiano comunicato il proprio acquisto.
"Tutti i condomini hanno diritto di esser convocati per partecipare alle delibere dell' assemblea, pur se, in mancanza di attribuzioni di quote millesimali alle unita' immobiliari di cui sono titolari, non sussiste il loro obbligo nella ripartizione delle spese per la conservazione e il godimento di beni comuni, ma è onere dell' acquirente dell' unità assumere iniziative, magari anche con l' alienante, per far conoscere all' amministratore di esser il nuovo proprietario, non avendo questi l' obbligo di verificare i registri immobiliari. (Cass.985 del 4 febbraio 1999)"



RAPPRESENTANZATorna su

Poteri di rappresentanza dell'amministratore
A norma dell'articolo 1129 c.c. l'amministratore rappresenta i condomini nelle liti, sia pure entro i limiti sanciti da tale norma e conseguenti alla natura del condominio che è mero ente di gestione, limitatamente alla amministrazione ed al buon uso delle cosa comune. Il singolo condomino, però, mantiene la facoltà di non farsi rappresentare nelle liti e di intervenire direttamente nel giudizio, in ogni stato e grado e quindi anche in appello, anche se non abbia personalmente partecipate alle fasi o ai gradi precedenti.
Il condominio non è un soggetto giuridico dotato di propria personalità distinta da quella di coloro che ne fanno parte, bensì un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresentanza e nell'interesse comune dei partecipanti, limitatamente all'amministrazione e al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino. Ne deriva che l'amministratore per effetto della nomina ex art. 1129 cod. civ. ha soltanto una rappresentanza "ex mandato" dei vari condomini e che la sua presenza non priva questi ultimi del potere di agire personalmente a difesa dei propri diritti, sia esclusivi che comuni, costituendosi personalmente anche in grado di appello per la prima volta, senza che spieghi influenza, in contrario, la circostanza della mancata partecipazione al giudizio di primo grado instaurato dall'amministratore. ( Cass. N° 7891 del 9 giugno 2000)

Attribuzioni dell'amministratore
Ai sensi dell'articolo 1131 c.c. l'amministratore rappresenta i condomini in tutte le liti passive che concernano le parti comuni e quindi il potere di rappresentanza si configura senza che sia necessaria apposita delibera assembleare.
In tema di condominio di edifici, l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni (art. 1131 comma secondo, cod. civ.) ed è legittimato a resistere, analogamente e correlativamente, in rappresentanza del condominio ed a proporre tutte le azioni che si rendessero necessarie senza alcuna autorizzazione dell'assemblea. (Cass. n° 6407 del 17 maggio 2000)

Rappresentanza dell'amministratore
L'amministratore ha la rappresentanza dell'intero condominio, anche quando si tratti di cose destinate a servire solo un gruppo dei condomini. Nel caso di condominio parziale, quindi, la legittimazione passiva spetta comunque all'amministratore. Peraltro, nell'ambito dei soli rapporti interni ai condomini, la sentenza restringe i suoi effetti ai soli interessati( la sentenza viene pronunciata nei confronti del solo condominio, ma le condanne verranno poi materialmente a gravare solo sul gruppo dei condomini che usa la parte comune)
In tema di condominio negli edifici, con riguardo alle controversie attinenti a cose, impianti o servizi appartenenti, per legge o per titolo, soltanto ad alcuni dei proprietari dei piani o degli appartamenti siti nell'edificio (cosiddetto "condominio parziale" ), non sussiste difetto di legittimazione passiva in capo all'amministratore dell'intero condominio, quale unico soggetto fornito, ai sensi dell'art. 1131 cod. civ., di rappresentanza processuale in ordine a qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio (salva, eventualmente, la restrizione degli effetti della sentenza, nell'ambito dei rapporti interni, ai soli condomini interessati). (sentenza 651/2000 del 21 gennaio 2000 )

Rappresentanza dell'amministratore
L'amministratore, anche senza autorizzazione assembleare, non solo può chiedere la ingiunzione di pagamento nei confronti del condomino moroso, ma anche può proporre appello avverso la sentenza che abbia definito sfavorevolmente il giudizio di opposizione.
La riscossione dei contributi condominiali in base ad una deliberazione dell'assemblea di approvazione del relativo stato di ripartizione rientra tra le attribuzioni dell'amministratore (artt. 1130 e 1131 cod. civ. ) il quale per ottenerne il pagamento può avvalersi del decreto ingiuntivo nell'interesse comune senza necessità di una preventiva autorizzazione dell'assemblea, ed "a fortiori" può impugnare la sentenza che sia stata emessa nel giudizio nel quale abbia rivestito la qualità di parte. ( sentenza 29/2000 del 5 gennaio 2000 )

Rappresentanza dell'amministratore
L'amministratore può agire in giudizio nell'abito delle sue attribuzioni, senza che occorra alcuna autorizzazione assembleare
L'amministratore del condominio è legittimato senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad agire in giudizio nei confronti dei singoli condomini e dei terzi al fine di: a) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini; b) disciplinare l'uso delle cose comuni così da assicurare il godimento a tutti i partecipanti al condominio; c) riscuotere dai condomini i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea; d) compiere gli atti conservati dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio. (sentenza n° 14088 del 15/12/1999)

 

PARTI COMUNI

IN GENERE E USOTorna su

Uso delle cose comuni
L'appoggio di una canna fumaria al muro di facciata e la apertura di piccoli fori rientrano nelle facoltà consentite al singolo condomino, purché nel caso concreto non vengano pregiudicati i diritti degli altri partecipanti al condominio ovvero non venga pregiudicato l'interesse comune.
L'appoggio di una canna fumaria (come, del resto, anche l'apertura di piccoli fori nella parete) al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino - pertanto - può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l' altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell'edificio, e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno - quest'ultimo - che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull'insieme dell'armonico aspetto dello stabile. ( Cass. n° 6341 del 16 maggio 2000)

Uso delle cose comuni
E' legittima la installazione di autoclave. Possono ritenersi vietate, in difetto del consenso di tutti i condomini, solo le modificazioni che comportino apprezzabile pregiudizio all'uso delle cose comuni, anche alla stregua del criterio della normale tollerabilità.
"L'installazione (utile a tutti i condomini tranne uno) di un'autoclave nel cortile condominiale, con minima occupazione di una parte di detto cortile, non può ritenersi innovazione vietata ai sensi dell'art. 1120 comma secondo cod. civ. (prevedente il divieto di innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino), atteso che il concetto di "inservibilità" espresso nel citato articolo va interpretato come sensibile menomazione dell'utilità che il condomino ritraeva secondo l'originaria costituzione della comunione, con la conseguenza che pertanto devono ritenersi consentite quelle innovazioni che, recando utilità a tutti i condomini tranne uno, comportino per quest'ultimo un pregiudizio limitato e che non sia tale da superare i limiti della tollerabilità. (Cass. N° 10445 del 21 ottobre 1998 )."

Uso delle cose comuni
La locazione di un locale comune rientra tra gli atti di ordinaria amministrazione, ove non comporti alterazione apprezzabile dei diritti dei singoli condomini.
"La conclusione del contratto di locazione di un appartamento condominiale è da considerarsi atto di amministrazione ordinaria, essendo possibile conseguire la finalità del "miglior godimento delle cose comuni" anche attraverso l'accrescimento dell'utilità del bene mediante la sua utilizzazione indiretta (locazione, affitto); ne consegue che, ove l'amministratore del condominio abbia locato il bene condominiale anche in assenza di un preventivo mandato che lo abilitasse a tanto, deve ritenersi valida la ratifica del suddetto contratto di locazione disposta dall'assemblea dei condomini con deliberazione adottata a maggioranza semplice. (Cass.10446 del 21 ottobre 1998 )"

Modificazione delle cose comuni
Il singolo condomino non deve determinare illecite ( notevoli ) invadenze nel concorrente diritto degli altri proprietari di usare le cose comuni.
Il limite che l'art. 1102 cod. civ. pone al potere di utilizzazione della cosa comune da parte di ciascun condomino e' quello del divieto di alterarne la destinazione e di impedire che altri ne faccia parimenti uso secondo il suo diritto. Pertanto l'uso particolare della cosa comune da parte del condomino non deve determinare pregiudizievoli invadenze nell'ambito dei coesistenti diritti degli altri proprietari, ancorche' non ne sia impedito l'uso. ( Cass. 11520 del 13 ottobre 1999)

Parti comuni dell'edificio
La presunzione disciplinata dall'articolo 1117 c.c. comporta che, quando si sia in presenza di una delle parti contenute negli elenchi formulati da tale norma di legge, sia il singolo proprietario che vanta i suoi diritti esclusivi sul bene a dovere fornire la prova di tale situazione giuridica.
"In tema di condominio di edifici, il condomino che pretenda l'appartenenza esclusiva di un bene indicato nell'art. 1117 cod. civ., deve fornire la prova della sua asserita proprieta' esclusiva derivante da titolo contrario consistente in un negozio o nell'usucapione. ( Cass.N°. 11268 del 9 novembre 1998)"



ANTENNETorna su

Utilizzo del tetto per le antenne
Il singolo condomino può utilizzare il tetto comune per la installazione di antenne ricetrasmittenti, purchè non ecceda i limiti fissati dall'art. 1102 c. c.
In tema di edificio in condominio, posto che il partecipante alla comunione può usare della cosa comune (art. 1102 c.c.) per un suo fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità più intensa rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di esso, e di non impedire l'altrui pari uso, è da ritenere consentita l'installazione di una antenna ricetrasmittente sul tetto comune da parte del singolo condomino radioamatore, a condizione che si verifichi in concreto che per le dimensioni del tetto, o per altre eventuali ragioni di fatto, tale uso non escluda per gli altri la possibilità di fare del tetto stesso analogo uso particolare. ( Cass. N° 5517 del 5 giugno 1998 ).

Impianti satellitari centralizzati
Per incentivare la diffusione del digitale satellitare centralizzato e ridurre il proliferarsi di parabole installate sui balconi, lo scorso anno è intervenuta la legge 20 marzo 2001, n.66 (pubblicata sulla G.U. n.70 del 24/03/02), che all'art.2 bis, comma 13, dispone:
"Al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell'articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l'approvazione delle relative deliberazioni si applica l'articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non costituiscono titolo per il riconoscimento di benefici fiscali."
In sostanza, indipendentemente dal fatto che nell'edificio esista o meno un sistema televisivo centralizzato, la delibera che prevede la creazione di un nuovo impianto satellitare centralizzato, deve essere approvata con un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio (m/m 334).
Nonostante non siano ancora molti i condomini che deliberano questa innovazione, dove questo si è verificato non sono stati rari i casi di contestazioni in quanto i dissenzienti non vorrebbero partecipare alla spesa; questa legge parla chiaro e discioglie ogni dubbio tutti debbono contribuire, anche chi già dispone di una parabola singola che deve quindi essere rimossa.
Per quanto riguarda il criterio di riparto, è prassi consolidata su tutto il territorio nazionale ripartire la spesa in parti uguali se non risulta diversamente dal regolamento contrattuale.

 

ASCENSORITorna su

Modificazione o innovazione delle parti comuni - Ascensore
Anche dopo la entrata in vigore della L.13 /89 sul superamento delle barriere architettoniche, la deliberazione assembleare che statuisce la installazione di un nuovo ascensore deve essere assunta con le maggioranze dettate dall'articolo 1136.V° comma c.c.)
L'installazione in un edificio in condominio (o in una parte di esso) di un ascensore di cui prima esso era sprovvisto costituisce, ai sensi dell'art. 1120, primo comma, cod. civ., una innovazione, con la conseguenza che la relativa deliberazione deve essere presa con la maggioranza di cui al quinto comma dell'art 1136 cod. civ.. (Cass.sent. N° 1529 del 11 febbraio 2000)

Modificazione o innovazione delle parti comuni - Ascensore
Ai sensi ed entro i limiti di cui all'art.1102 c.c. il singolo partecipante al condominio può individualmente procedere alla installazione dell'ascensore. Gli altri condomini potranno utilizzare la nuova opera, (ritenuta innovazione suscettibile di utilizzazione separata) contribuendo alle spese di installazione manutenzione.
L'installazione di un ascensore in un edificio in condominio che ne sia sprovvisto, può essere attuata, riflettendo un servizio suscettibile di separata utilizzazione, anche a cura e spese di taluni condomini soltanto, purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dello impianto ed in quelle di manutenzione dell'opera. (Cass.N° 1529 del 11 febbraio 2000)

 

BALCONITorna su

Parti comuni - Il balcone
I balconi non rientrano fra le parti comuni elencate dall'articolo 1117 c. c. , tuttavia talune parti dei balconi servono a conferire all'edificio il particolare decoro architettonico e debbono perciò essere mantenute a spese comuni.
I balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni, ai sensi dell' art. 1117 cod. civ., non essendo necessari per l' esistenza del fabbricato, ne' essendo destinati all' uso o al servizio di esso. Tuttavia il rivestimento del parapetto e della soletta possono essere beni comuni se svolgono una prevalente funzione estetica per l' edificio, divenendo cosi' elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata. (sentenza 637/2000 del 21 gennaio 2000)



LASTRICI SOLARITorna su

Lastrico solare
Nella applicazione dell'art.1126 c.c., ai fini della determinazione delle spese a carico del titolare dell'uso esclusivo del lastrico solare, non occorre individuare se l'uso medesimo abbia natura di diritto reale o personale, né occorre tenere in considerazione la quota millesimale attribuita a chi utilizza la copertura in modo esclusivo.
L'articolo 1126 cod. civ., nel disciplinare la ripartizione delle spese di riparazione e ricostruzione del lastrico solare per chi ne ha l'uso esclusivo non specifica la natura reale o personale di esso, che e' invece determinata dal titolo, ne' al fine rileva l'attribuzione millesimale, utilizzata come criterio per contribuire agli oneri condominiali. (Cass.N° 8532 del 9 agosto 1999)

Terrazza a livello
Le domande di risarcimento dei danni cagionati da infiltrazioni di acqua provocate dalle terrazze a livello sono proponibili nei confronti dell'amministratore, quale rappresentante del condominio. Gli oneri per i danni in questione debbono essere ripartiti con lo stesso criterio ( 1/3 e 2/3 ) che l'articolo 1126 c.c. stabilisce per le spese di manutenzione dei lastrici di uso esclusivo)
In tema di condominio di edifici la terrazza a livello, anche se di proprietà o in godimento esclusivo di un singolo condomino, assolve alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommità dell'edificio nei confronti degli appartamenti sottostanti. Ne consegue che a norma dell'art. 1126 cod. civ. alla manutenzione della terrazza a livello sono tenuti , a norma dell'art. 1126 cod. civ., tutti i condomini cui la terrazza funge da copertura, in concorso con l'eventuale proprietario superficiario o titolare del diritto di uso esclusivo. Conseguentemente, i danni cagionati all'appartamento sottostante da infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione devono rispondere tutti i condomini tenuti alla sua manutenzione, secondo i criteri di ripartizione della spesa stabiliti dall'art 1126 cod. civ.. La domanda di risarcimento dei danni è proponibile nei confronti del condominio in persona dell'amministratore, quale rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, ivi compreso il proprietario dell'appartamento posto allo stesso livello della terrazza. (Cassazione sentenza N° 9009 del 11/09/1998)



PORTINERIATorna su

Portineria
Le spese per il portierato vanno poste a carico di tutti i condomini in ragione dei rispettivi millesimi di proprietà, indipendentemente dalla posizione delle varie unità immobiliari, più o meno favorite nel godimento del servizio.
In tema di condominio negli edifici le spese di portierato che siano previste nel regolamento tra quelle di carattere generale, vanno ripartite tra tutti i condomini ai sensi dell'art. 1123 c. c. in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno e indipendentemente dalla maggiore o minore utilizzazione del servizio da parte di condomini proprietari di unità immobiliari site in posizione particolare (nella specie, negozi), senza che ne sia configurabile una deroga con riguardo alla mera esistenza di una tabella, allegata al regolamento, per la ripartizione di spese particolari di pertinenza dei soli appartamenti. (Cass. n. 5081/90).



RISCALDAMENTOTorna su

Riscaldamento
E' valida la deliberazione assembleare che disponga la trasformazione dell'impianto termico centrale in impianti unifamiliari, anche se la stessa non è accompagnata dal progetto e dalle relazioni di cui alla Legge 10/91.La predisposizione di tali documenti attiene alla fase di esecuzione della delibera.
"La delibera condominiale di trasformazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari, ai sensi dell'art. 26, comma secondo, della legge 9 Gennaio 1991, n. 10, in relazione all'art. 8, lett. g),della stessa legge, assunta a maggioranza delle quote millesimali, è valida anche se non accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui all'art. 28, comma primo, della stessa legge, attenendo tale progetto alla successiva fase di esecuzione della delibera. (Cass.1165 del 11 febbraio 1999)"



SOTTOTETTI Torna su

Sottotetto
La titolarità del sottotetto è regolata dal titolo o, in difetto, dalla funzione per la quale lo stesso risulta oggettivamente destinato. Il sottotetto si intende di proprietà del titolare dell'ultimo piano se assolve unicamente alla funzione di coibentazione dello stesso. Si intende di proprietà comune se appare destinato all' uso comune.
In un edificio di più piani appartenenti a proprietari diversi, l'appartenenza del sottotetto (non indicato nell'art. 1117 cod. civ. tra le parti comuni dell'edificio) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui esso e' destinato in concreto. Pertanto, ove trattisi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell'appartamento dell'ultimo piano esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell'ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se e' utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi. (Cass.N° 7764 del 20 luglio 1999 )

Sottotetto
Solo quando assolve unicamente alla funzione di "camera d'aria " il sottotetto può essere ritenuto di pertinenza dell'appartamento dell'ultimo piano.Quando invece detto vano si configuri come suscettibile di autonomo godimento l'anzidetto rapporto di pertinenzialità non può essere presunto.
Il sottotetto di un edificio condominiale può essere ritenuto pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano soltanto se assolve, mediante la creazione di una camera d'aria, all'esclusiva funzione di isolamento e di protezione dell'appartamento stesso dal caldo, dal freddo o dall'umidità e non anche nella diversa ipotesi che esso abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da permettere l'utilizzazione come vano autonomo; in quest'ultima ipotesi, l'appartenenza deve essere stabilita in forza di idoneo titolo e, in mancanza di questo, sulla base della presunzione di comunione di cui all'articolo 1117 cc (pur non comprendendo questa norma esplicitamente il sottotetto nell'elencazione delle cose comuni dell'edificio ) allorquando esso risulti oggettivamente destinato, anche soltanto in via potenziale, all'uso comune o all'esercizio di un uso comune. (Cass.N°9788/97)



SUOLO CORTILITorna su

Parti comuni - Vespaio
Assolve alla funzione di isolare l'intero edificio e quindi si presume comune, se non risulti diversamente dal titolo.
"L'intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni di un edificio condominiale - che costituisce il suolo di esso - e la prima soletta del piano interrato, se non risulta diversamente dai titoli di acquisto delle singole proprietà, ed anzi in quelli del piano terreno e seminterrato non e' neppure menzionata tra i confini, è comune, in quanto destinata alla aerazione o coibentazione del fabbricato. (Cass.2395 del 17 marzo 1999)"

 

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